L’AVARO IMMAGINARIO

L’AVARO IMMAGINARIO

Enzo Decaro, Nunzia Schiano

L’AVARO IMMAGINARIO

Tratto da Molière/Luigi De Filippo adattamento e regia di Enzo Decaro

sei attori della Compagnia Luigi De Filippo

Musiche Nino Rota (da “Le Molière immaginarie”)

Musiche di scena ispirate a villanelle e canzoni popolari del 600’ napoletano

Produzione I due della città del sole

Atto unico: Durata 90’

Sette quadri, un prologo e un epilogo. È un viaggio nel teatro, quello di Molière in primo luogo, ma non soltanto… È anche un viaggio nel tempo quello del Seicento, un secolo pieno di guerre, epidemie, grandi tragedie ma anche di profonde intuizioni e illuminazioni che non riguardano solo “quel tempo. Ed è anche il viaggio, reale e immaginario, di Oreste Bruno, da Nola, e la sua famiglia, che è poi anche la sua Compagnia viaggiante di teatranti: è la tipica “carretta dei comici” tanto cara sia a Peppino che a Luigi De Filippo. È il viaggio verso Parigi, verso il teatro, verso Molière. Ma anche una fuga: dalla peste, da una terribile epidemia che ha costretto i Nostri a cimentarsi in un avventuroso viaggio verso un sogno, una speranza o solo la salvezza. Lungo il percorso, quando “la Compagnia” arriva nei pressi di un centro abitato, di un mercato o di un assembramento di persone, ecco che il “carrello viaggiante” diventa palcoscenico e “si fa il Teatro”. E col “teatro” si riesce anche a mangiare, quasi sempre. Infatti, grazie agli stratagemmi di tutti i componenti della famiglia teatrale, si rimedia il pasto quotidiano o qualche misera offerta in monete o, più spesso, qualche pezzo di animale già cucinato offerto come compenso della esibizione sul palco-carretto, manco a dirlo, delle opere di Molière (L’Avaro e il Malato Immaginario sono “i cavalli di battaglia” di cui vengono proposti i momenti salienti, opportunamente adattato al luogo e agli astanti). Gli incontri durante il viaggio, sorprendenti ma non tutti piacevoli, l’avvicinamento anche fisico a Parigi, al teatro di Molière, la “corrispondenza” che il capocomico invia quotidianamente all’illustre “collega”, la forte connessione tra il mondo culturale e teatrale della Napoli di quel tempo (con Pulcinella che diventa Scaramouche) con quella francese, di Molière ma forse ancor più di Corneille (che si celerebbe sotto mentite spoglie dietro alcune delle sue opere maggiori) la pesante eredità del pensiero di uno zio prete di Oreste Bruno, Filippo detto poi Giordano, scomparso da alcuni decenni ma di cui per fortuna non si ricorda più nessuno, e la morte in scena dello stesso Molière poco prima del loro arrivo a Parigi, renderanno davvero unico il viaggio di tutta la “Compagnia di famiglia” commedianti d’arte ma soprattutto persone “umane”, proprio come la grande commedia del teatro, dove “tutto è finto, ma niente è falso”.